venerdì 31 ottobre 2014

Adda passà
a’ nuttata


Venerdì 31 ottobre è caduto il trentesimo anniversario della morte del grande Eduardo. Era infatti  il 31 ottobre del 1984, quando il più grande attore del teatro italiano del ‘900, autore di intramontabili testi come Napoli Milionaria, Questi fantasmi!, Natale in casa Cupiello, e di personaggi che hanno fatto la storia non solo del teatro mondiale e della letteratura - uno su tutti: Filumena Marturano -,  si inchinava simbolicamente per l’ultima volta dinanzi ad una platea di milioni di spettatori che avevano imparato ad apprezzarlo ed a amarlo in mezzo secolo di rappresentazioni. Moriva così a Roma ad 84 anni il più grande autore ed interprete di testi teatrali italiani, figlio di quella Napoli che ha fatto conoscere a tutto il mondo, la pizza, il ragù, le canzoni o il Vesuvio, ma forse più della pizza, del ragù, delle canzoni o del Vesuvio. 
Permettetemi un ricordo personale: quel giorno, e non per lavoro,  anche chi scrive era presente ai funerali di Eduardo a Palazzo Madama. E con il sottoscritto, napoletano verace, c’erano anche tanti non napoletani - Monica Vitti, Nino Manfredi, Mario Monicelli, Cesare Zavattini, Dario Fo, Giorgio Albertazzi, Silvio Orlando, Massimo Ranieri, Lina Sastri, Aldo e Carlo Giuffrè, e in prima fila il figlio Luca, insieme a migliaia di tanti semplici cittadini -  accomunati in un unico, immenso dolore.
Di Eduardo si è detto tutto, forse non sempre a proposito o giustamente: dalle liti epiche con il fratello Peppino al successo strepitoso delle sue commedie all’estero; dagli attori che le interpretarono, Laurence Olivier, Joan Plowright, agli autori che più amava: Pirandello, Goldoni.
Molti però probabilmente ignorano che Eduardo  durante la guerra nel 1943 prelevò 600mila lire dell’ incasso di alcune recite clandestine per aiutare gli ebrei romani nascosti o quando nel 1944 fu costretto lui a nascondersi per aver ricevuto  un mandato di arresto per aver recitato nell’antitedesco Il berretto a sonagli. E poi ancora i soldi suoi personali, investiti per dare alla sua Napoli quel teatro San Ferdinando, riaperto nel 1954 tra due ali di folla, “perchè  – diceva – Napoli, che è il più grande palcoscenico del mondo, non può non avere un teatro” - e infine  l’interessamento da senatore del dramma delle carceri minorili, l’insegnamento del teatro come materia autonoma nelle università o l’invocazione del disarmo unilaterale dell’Italia: “Tanto siamo così piccoli –disse una volta - che ci invaderebbero lo stesso”.
Concludo con la sua frase più famosa, quella sulla quale cala il sipario quando ormai la ragazzina è salva grazie alla medicina reperita in extremis dalle mani dell’impiegato rovinato dalla guerra e dall’avidità : “Adda passà a’ nuttata”.
Per lui come per tutti noi.

venerdì 24 ottobre 2014

Sotto
lo stesso
cielo

 
Non sono affatto sicuro che Ceppaloni, il ridente borgo in provincia di Benevento che ha dato i natali a Clemente Mastella, passerà alla storia proprio per essere stato la culla dell’ex democristiano, ex berlusconiano, ex prodiano, ex fondatore dell’Udeur, ex ministro della Giustizia e… non mi ricordo che ex altro ancora.
È probabile invece che tra una cinquantina d’anni Ceppaloni venga ricordato per aver visto nascere quello che è poi diventato il presidente della II Corte d’appello di Milano, Enrico Tranfa.
Giusto per ricordarlo ai lettori più distratti si tratta di quel magistrato che si è dimesso un’ora dopo il deposito delle motivazioni in cui è stato argomentato che ci fu abuso di potere da parte di Berlusconi nella vicenda Ruby “ma che questo non costituisce reato”.
Insomma un modo elegante e certamente inusuale, al quale gli italiani non sono abituati, di esprimere il proprio parere contrario  all’assoluzione senza strepiti né lamenti, come si conviene ad un uomo che ha servito la legge per mezzo secolo.
È evidente, salvo che agli occhi di chi ce li ha foderati di prosciutto, che questa scelta del giudice non può essere che l’estremo dissenso dal verdetto –  non condiviso con i giudici Lo Curto e Alberto Puccinelli – e dalle sue motivazioni. Andato molto probabilmente in minoranza in camera di consiglio – il collegio è composto da due giudici e appunto un presidente – Tranfa ha dovuto quindi leggere quel verdetto davanti a tutti e poi come prescrive la legge, dopo 90 giorni, mettere la firma non potendo sottrarsi all’obbligo . Quindi dopo aver vergato i motivi in cui si annullava la condanna a 7 anni per l’ex Cavaliere ha scelto di andare in pensione con ben 15 mesi di anticipo.

venerdì 17 ottobre 2014

Il primo e
il secondo:
ma quanta
differenza! 


La vicenda dell’ingegner Antonio Acerbo, ex sub commissario di Expo ed ex responsabile del Padiglione Italia, finito nei giorni scorsi agli arresti domiciliari per le irregolarità negli appalti sulle vie d’acqua, il cui servizio i lettori di questo settimanale potranno leggere a pagina 12, in cambio di due contratti per centinaia di migliaia di euro contro gli interessi dell’Italia e a favore del figlio Livio, tra i soci di alcune società di consulenza nel campo informatico, mi fa venire alla mente un altro Acerbo, anche lui ingegnere ma di nome Giacomo,  che fu collaboratore di Mussolini.
Il primo è stato direttore generale del Comune di Milano retto dall'allora sindaco Letizia Moratti. In precedenza era stato vice direttore generale di Palazzo Marino, direttore dell'area tecnica e membro del cda di Metropolitana milanese. Incarichi pubblici ottenuti dopo una carriera nel mondo privato (Gruppo Fininvest, Euromercato, Montedil e Tecnimont). Nel 2006 gli è stato attribuito finanche l’Ambrogino d’oro e dal 2005 è Grande Ufficiale della Repubblica per il restauro del Teatro alla Scala.
L’altro ingegnere, anche lui si chiamava Acerbo, era invece di origine abruzzese e nella sua carriera politica non ebbe, né chiese mai, alcun titolo.
Il primo probabilmente è ricco sfondato (ma guarda un po’), il secondo è invece morto povero, nonostante il suo ventennale impegno politico.
Il primo è padre di un maneggione che non ha esitato a lucrare fregandosene dei soldi che rubava allo Stato, il secondo aveva un fratello, Tito, morto in guerra e insignito della medaglia d’oro e due medaglie d’argento al valore militare.
Sempre il primo ha fatto incetta di titoli assegnatigli con evidente manica larga, il secondo invece è stato decorato soltanto con tre medaglie d’argento al valor militare. (E scusate se è poco!)
Il primo all’Expò è andato in ufficio sapendo di fregare il Paese, il secondo durante la marcia su Roma presidiò Montecitorio, nel timore di azioni squadristiche. Rischiando peraltro la vita.
Sempre il primo ha legato il suo nome (e vorrei ben vedere) ad una truffa, il  secondo legò il suo nome alla riforma elettorale maggioritaria - la cosiddetta «legge Acerbo» - votata nel novembre 1923.
Il primo, immagino, alle sue nozze avrà avuto come testimoni chissà quali “pezzi da 90”, il secondo i sempre tenuti al margine dal regime, Francesco Paolo Michetti e Gabriele d'Annunzio.
Il primo non ha detto una parola sui brogli e  le ruberie avvenute all’Expò, anzi in un primo momento ha negato,  il secondo non esitò nella seduta del Gran Consiglio del 6 ottobre 1938 che trattò delle leggi razziali, a prendere una posizione estremamente critica se non proprio di aperto dissenso con i maggiorenti appecoronati del regime.
Il primo adesso è ai domiciliari e mi auguro di tutto cuore finisca in galera, il secondo venne condannato a 30 anni di carcere pena poi annullata dalla Cassazione nel 1947.
Ultima analogia: il primo probabilmente riceverà anche una buona uscita milionaria ed una pensione, il secondo invece anche se fu riabilitato e nel 1951, in seguito ad una sentenza del Consiglio di Stato, riammesso all'insegnamento universitario, quando è morto nel 1969 non era proprietario neppure della casa in cui viveva.
Ultima ma non ultima: il primo ha preso una caterva di soldi dallo Stato italiano, il secondo alla sua morte lasciò in eredità al Paese che aveva servito in venticinque anni di ininterrotto lavoro la sua notevole collezione di ceramiche.

venerdì 10 ottobre 2014

Ma è tutta
colpa sua?


Ho letto con un enorme senso di fastidio le dichiarazioni apparse sui giornali, del padre e della madre di quel 24 enne napoletano che avrebbe infilato “per gioco” il tubo di un compressore nell’ano di un 14 enne la cui unica colpa era quella di essere sovrappeso.
Fastidio per come sono state espresse (il padre: si è trattato di uno scherzo!), fastidio per come è stato giustificato il gesto (la madre: si può condannare solo per questo un bravo ragazzo?), fastidio per l’incoscienza di una difesa che non sussiste (entrambi i genitori: perchè solo nostro figlio e gli altri due che erano presenti?).
Ma che c’è da aspettarsi, mi chiedo, da un ragazzo cresciuto in una tale famiglia, con questi valori etici e certamente con gli insegnamenti che ne derivano?
Crolla l’intonaco del soffitto nell’ufficio del dirigente dell’Ufficio Tecnico di Lungomare Paolo Toscanelli proprio mentre il dirigente, Paolo Cafaggi, era in riunione. Nel crollo sono rimaste ferite due impiegate che sono state immediatamente accompagnate al G.B.Grassi dove i sanitari le hanno giudicate guaribili in sette giorni. I locali sono stati sgomberati e dichiarati inagibili in attesa del trasferimento degli uffici in un’altra struttura comunale.
Già a febbraio di due anni fa ci fu il crollo di una  parte della copertura della tettoia dell’ingresso che ferì alla testa un passante.

venerdì 3 ottobre 2014

Bravo
sindaco!


Il sindaco in questione è il primo cittadino di Leonessa, un comune di circa 3000 abitanti della provincia di Rieti situato proprio alle falde del Terminillo. Si chiama Paolo Trancassini eletto nelle fila di FdI – An e la notizia potrete leggerla a pag.  10 di questa edizione.
Riassumiamola: Paola e Guerrino sono due anziani coniugi, 76 anni lui, 72 anni lei, capitati sotto le grinfie di una banca che a fronte di un prestito, adesso si sono visti pignorare l’abitazione in cui vivono.
Invano il sindaco ha cercato di ottenere una dilazione dall’istituto di credito, non c’è stato niente da fare: la casa andava pignorata e venduta all’asta. E i due anziani ovviamente sfrattati.
Il sindaco Paolo allora, visti falliti tutti i tentativi, ha convocato, e continuerà a farlo, il consiglio comunale all’interno dell’abitazione di Paola e Guerrino vietando così per legge l’ingresso all’ufficiale giudiziario impossibilitato ad interrompere una seduta pubblica.
Detto fatto martedì mattina della scorsa settimana, il sindaco Trancassini, con tanto di fascia tricolore e gonfalone, ha fermato l'ufficiale giudiziario, i carabinieri e anche il fabbro che doveva cambiare la serratura dell'abitazione: il consiglio comunale in corso nell'abitazione – ha fatto mettere a verbale il sindaco -  non poteva essere interrotto e quindi lo sfratto non poteva essere  eseguito.
“Siamo soddisfatti - ha poi detto il sindaco - il consiglio si è svolto regolarmente in casa di Paola e Guerrino, ha adottato importanti provvedimenti e ha dimostrato che una comunità unita può fermare quello che a nostro avviso era uno scempio. Non siamo contrari agli sfratti ma una banca non ha il diritto di sfrattare due anziani”.
Bravo sindaco!