Modifico per
continuare
a mentire
Personalmente a me Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale non piace. Non mi piace come direttore, non mi piace come giornalista, non mi piace per le sue idee che trovo troppo di parte e prive di quel requisito fondamentale che dovrebbe contraddistinguerci e cioè l’obiettività. Pur tuttavia trovo indegna ed assolutamente ingiustificata la sua condanna a 14 mesi di reclusione per aver omesso di controllare un articolo, peraltro neppure scritto da lui, pieno di idiozie.
Scrivo tutto questo anche se sono convinto che Sallusti in galera non ci andrà mai.
Ma i vero nodo della questione non è Sallusti: è una legge incivile che ipotizza una pena detentiva verso chi, il giornalista, talvolta può sbagliare,seppure in buona fede, per fretta o pressapochismo. Ma ancora più incivilei sono le norme, proposte questa settimana da Gasparri, ed attualmente al vaglio della Commissione Giustizia del Senato, che modificano questa legge abrogando la pena detentiva ( così si salva legalmente Sallusti) e comminando soltanto pene pecuniarie da 30 mila euro in su. Insomma non una multa rapportata all’inesattezza della notizia ma tanti soldoni da sborsare senza alcuna possibilità di cavarsela rettificando quanto scritto.
Ha ragione il vice direttore de “Il Fatto Quotidiano” Marco Travaglio quando scrive: “il risultato ( dell’approvazione di queste norme) è lampante: gli editori miliardari continueranno a scatenare campagne di menzogne contro avversari politici o affaristici tramite i loro killer a mezzo stampa, che saranno disposti a tutto: tanto, se condannati, non rischieranno più una pena detentiva (che, se cumulata più volte, potrebbe anche superare i fatidici tre anni e portarli davvero in cella), ma solo una multa. Che, per quanto salata, non pagheranno di tasca propria, ma accolleranno ai loro mandanti, come incerto del mestiere, anzi come investimento per i loro sporchi interessi. Idem per i giornali che non vendono una copia, ma sono finanziati dai milioni del finanziamento pubblico e ne accantoneranno una parte nel fondo-rischi per campagne di discredito. Invece i giornali piccoli, che campano solo grazie ai propri lettori e abbonati, vivranno sotto il perenne ricatto di querele che, ogni volta che finiranno male, sottrarranno al giornalista o alla società da 30 mila euro in su, col rischio di chiudere bottega e senza potersi difendere rettificando eventuali errori commessi in buona fede. Un trionfo per i bugiardi e una disfatta per i giornalisti onesti.”