venerdì 29 marzo 2013

Una piccola
obiezione
di Diritto
Internazionale

Il Governo indiano si è avvalso, come giustificazione  giuridica del suo comportamento nella vicenda dei nostri due marò, della interpretazione di una norma del Diritto Internazionale che testualmente recita: “Male captus sed bene detentus”. Si tratta di una espressione latina che tradotta vuol dire “arbitrariamente catturato, ma arrestato correttamente”.
Siamo di fronte ad una delle dottrine giuridiche più controverse e contestate per quanto riguarda il Diritto Internazionale che vede le scuole di pensiero equamente divise sull’applicazione e la correttezza di questa norma.
Secondo questa dottrina insomma il fatto che una persona potrebbe essere stata erroneamente o ingiustamente arrestata, non pregiudicherebbe la detenzione legittima e la comparsa in un giusto processo.
Molti paesi, Italia compresa, tra cui per prima la stessa Corte Suprema degli Stati Uniti,  che a metà degli anni ‘30 stabilì un precedente in materia da allora seguito, hanno più volte dichiarato in varie occasioni che “se una persona di un altro paese è fermato in modo irregolare, il diritto di istituire come difesa il modo illegale con la quale è stato trasportato ad un tribunale, appartiene al Governo dal cui territorio è stato ingiustamente preso".
Nostri marò a parte, il caso più noto è quello del boia nazista Adolf Eichmann, catturato dagli israeliani del Mossad a Buenos Aires e condotto in Israele dove venne poi  condannato, dopo un pubblico processo, alla pena di morte.
Non sono un esperto di Diritto Internazionale ma mi sorge spontaneo un dubbio: “questa norma è applicabile anche nei confronti di rappresentanti di una legittima e riconosciuta Forza Armata di un paese democratico?”.

venerdì 22 marzo 2013

L’inno di
Garibaldi

Ricordate le parole dell’Inno di Garibaldi, forse il più  famoso canto patriottico del Risorgimento italiano? “Si scopron le tombe, si levano i morti …”.
Ebbene l’analogia non è puramente casuale se riguardo la lista che ho sulla scrivania delle candidature, alle prossime elezioni di maggio, tanto a consiglieri comunali e municipali, di Roma, di Fiumicino e del XIII.
Leggo infatti i nomi di personaggi sconosciuti, semi sconosciuti, altri invece noti, notissimi addirittura, a chi si interessa quotidianamente di politica. Personaggi, dal passato recente e meno recente, oscuri, spesso chiacchierati, di certo, salvo qualche lodevole eccezione, più idonei ad essere ospitati in un reparto di psichiatria o peggio in un’aula di tribunale che in uno studio, sia esso di sindaco o di presidente di Municipio. Personaggi che a cadenza più o meno quinquennale, quanto cioè passa tra una elezione e l’altra, escono fuori dal loro guscio dorato, chiedendo sempre, blandendo spesso, larvatamente minacciando (seppur raramente), pur di ottenere un aiuto, quale esso sia: intervista, citazione, commento favorevole in qualche articolo. Personaggi che sento cianciare ad ogni piè sospinto di “pari opportunità”, codice deontologico (ma chissà perché poi questo codice deontologico vale sempre e solo per noi giornalisti e non anche per loro politici?), di par condicio.
Io invece credo che un giornale, in particolar modo se è un giornale a diffusione locale, o almeno così dovrebbe essere, ha tutto il diritto ed il dovere sottolineo il dovere, di schierarsi a fianco di questo o quel candidato a patto però che ci sia reciproca stima, riconoscimento del (buon) lavoro portato a termine da entrambi, ognuno per il proprio ruolo, consapevolezza che ciò che si è fatto e soprattutto si andrà a fare, affermazioni di requisiti basilari, tanto per il giornale che per il politico, quali correttezza, giustizia,  vantaggi verso terzi, lettori e cittadini che siano.
Inutile dire che non sempre però è così.

venerdì 15 marzo 2013


Gli indizi
di Agatha
Christie

Agatha Christie, la geniale giallista anglo americana, inventore dei personaggi dell’investigatore belga Hercule Poirot e della simpatica vecchietta, con il vizio del crimine, Miss Marple, soleva dire: “ un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi costituiscono una prova”.
Non so se il Presidente del nostro Municipio Giacomo Vizzani sia un appassionato lettore di gialli; non lo fosse però gli consiglierei di iniziare ad interessarsi a questo particolare  tipo di narrativa magari cominciando, e perché no, proprio dalla scrittrice, autrice di capolavori di quel genere, quali “ Assassinio sull’Orient Express”.
A Vizzani non può infatti sfuggire che in pochi mesi, Salvatore Colloca, Stefano Salvemme e nei giorni scorsi Giuseppe Di Lorenzo, tre cioè dei suoi più stretti collaboratori, lo abbiano lasciato, i primi due per confluire rispettivamente nell’Udc e nel Gruppo Misto municipale, il terzo semplicemente andandosene, abbandonandolo, sempre i primi due, non solo in compagnia dei vari Bonvicini e Zaccaria, ma lasciandolo  numericamente nei guai, almeno per quanto riguarda il sostegno alla maggioranza che governa e della quale è interprete e, per il terzo, esponendolo ad una bruttissima figura istituzionale e personale.
E allora a proposito di questi tre indizi, un motivo di questo sbattere di porte ci sarà?

venerdì 8 marzo 2013

Sogno
o son desto?
Cito, quasi a memoria, dal programma elettorale del Movimento 5 Stelle: Abolire i rimborsi elettorali. Dimezzare i parlamentari e i loro compensi. Legge elettorale maggioritaria con doppio turno francese. Anti-corruzione e anti-evasione con pene doppie e prescrizione bloccata al rinvio a giudizio, nuovi reati come autoriciclaggio, falso in bilancio, collusione mafiosa. Ineleggibilità per condannati, portatori di conflitti d’interessi e concessionari pubblici. Antitrust su tv e pubblicità. Cancellazione di Tav Torino-Lione, Terzo Valico, Ponte sullo Stretto e altre opere inutili, nonché dell’acquisto degli F-35. Ritiro delle truppe dall’Afghanistan. Divieto per ex eletti o iscritti a partiti di entrare nei Cda di banche e fondazioni. Via gli aiuti di Stato a banche, imprese e scuole private. Via le esenzioni fiscali a edifici ecclesiastici e bancari. Ilva e Mps nazionalizzati. Patrimoniale. Reddito di cittadinanza o sussidio di disoccupazione. Tetto alle pensioni d’oro. Abolizione immediata delle province e potatura di consulenze e poltrone delle società miste. Sgravi fiscali alle imprese che assumono giovani. Detraibilità delle spese di sussistenza. Wi-fi libero e gratis. Più fondi a scuola pubblica, università e ricerca.

P.s. Sono convinto che se fossero attuate solo un quarto delle proposte che avete letto la nostra Italia comincerebbe ad essere un Paese quasi normale. Se fossero invece attuate la metà, avremmo superato alla grande tutti i nostri problemi. Con tutte invece avremmo fatto bingo.

venerdì 1 marzo 2013

Che casino!

E adesso? Adesso come la mettiamo?
Le ipotesi di governo scaturite dal voto degli italiani infatti mi sembrano poche e tutte difficilmente praticabili.
Per semplificare diciamo che sono tre.
Tutte per la verità di varia e complessa attuazione e in grado di produrre effetti dirompenti seppure ritardati.
Cominciamo dalla prima: il Pd si allea con il Pdl di Silvio Berlusconi. Se fossi uno scommettitore darei questa ipotesi a dieci ad uno. Cioè abbastanza alta come posta. Perché? Perché mi sembra impossibile che dopo lo scambio preelettorale ed elettorale di contumelie, Bersani, senza dimenticare Vendola, possano trovare un sia pur minimo accordo con il cavaliere che consenta di formare un governo in grado di reggere le sorti del Paese. A meno di una improbabile quanto precaria intesa su chi succederà a Napolitano. Per l’appunto Berlusconi. Ma a questo punto come giustificarsi con la base?
La seconda: il Pd si allea con il Movimento 5 Stelle. Qui nel campo delle scommesse siamo addirittura a mille contro uno. Che è una posta altissima. A parte il già conclamato “no” dei grillini ad ogni ipotesi di “accoppiamento”, Bersani, è evidente a tutti,  non può correre il rischio di farsi fare le pulci da Grillo ad ogni piè sospinto. Senza dimenticare che l’esercizio di una maggioranza è spesso legato a delicati equilibri di compromesso, compromessi ai quali i grillini sono nettamente contrari.
Rimane la terza ipotesi: votare finalmente una legge elettorale decente e ritornare, nell’arco di un anno, alle urne. In questa però c’è il rischio, per Bersani, Berlusconi & company, di ritrovarsi tra dodici mesi non contro un 26% di Grillo ma forse un 40% e più. E poi come la metteranno con l’elezione del Presidente della Camera, del Presidente del Senato, dello stesso Presidente della Repubblica, oltre ad altre quisquilie come il rinnovo dei vertici del Cogefar, dell’organo di vigilanza della Rai, ed altre scadenze impellenti?
Per concludere: a me pare che siamo messi peggio, se è possibile e non sarebbe comunque una giustificazione, di quando siamo andati a votare una settimana fa. Con l’aggravante, tra l’altro, di aver sprecato del tempo prezioso oltre che una caterva di milioncini di euro.
A questo punto mi chiedo: se avesse vinto Renzi saremmo in queste condizioni?