venerdì 21 settembre 2012

E’ una buona
legge?Allora
affossiamola


In realtà la legge c’è. Ed è pure una buona legge.
Si chiama “legge Smuraglia, dal nome del senatore che ne firmò il testo e la fece votare nel 2000.
Di cosa si tratta? Di quella norma che consente alle imprese di assumere, con incentivi fiscali e contributivi, i detenuti per farli lavorare nel settore privato. Ad esempio nei call enter delle Asl, digitare i servizi delle Camere di Commercio, assemblare bici, addirittura confezionare dolciumi e panettoni.
Tra l’altro, e non è cosa di poco conto, è stato assodato che mentre il 70 per cento dei detenuti, una volta usciti dal carcere dopo aver scontato la pena, torna a delinquere, solo il 20 per cento di quelli che hanno lavorato durante il periodo di detenzione in una azienda, ritorna in carcere.
Insomma la detenzione come pena educativa e non solo punitiva.
Peccato però che questa legge dal 2000 sia stata rifinanziata sempre con gli stessi soldi e cioè appena 4 milioni e mezzo di euro, al netto di inflazione, così che appena 2.500 detenuti, più o meno, su un totale di 66.000 ne possono usufruire. Peccato anche che una legge così concepita, al di la della sua valenza sociale, e che tra l’altro consentirebbe di trovare un rimedio al sovraffollamento dei nostri istituti di pena, abbia anche un risvolto economico che viene ampiamente sottovalutato. E’ stato infatti calcolato che questi detenuti potrebbero guadagnare, e quindi non pesare sullo Stato, per circa 35 milioni di euro l’anno, considerato che ogni detenuto costa in media tra i 120 ed i 160 euro al giorno.
Ovviamente trattandosi di una buona legge non sono molti i sostenitori.

venerdì 14 settembre 2012

ELEZIONI E
REFERENDUM:
SAREMO VINCOLI
O SPARPAGLIATI?

E’ ormai certo che si voterà ad Aprile, forse domenica 7 e lunedì 8. Domenica e lunedì precedenti, il 31 Marzo ed il 1 Aprile infatti,  ricorre la santa Pasqua. Quello che non è certo (diciamo il 10 per cento) è se a queste elezioni politiche sarà anticipato, congiunto oppure seguirà, un referendum sulla volontà degli italiani di rimanere dentro l’Unione Europea e, di conseguenza, di mantenere o meno l’euro. Più o meno così come chiedono il  PdL, il  Pd e l’Udc o come invece non vogliono soprattutto il Movimento 5 Stelle e alcuni partiti della Destra e della Sinistra estrema.
 Discorso semplice per le elezioni: alla fine vinceranno tutti, a meno di clamorosi scivoloni, sia se si raffronteranno i dati delle urne con quelli delle tornate precedenti, fino alla dittatura di Caio Giulio Cesare, sia se la formula uscita dalle urne, sarà premiante per questa o quella coalizione, seppure con un minimo scarto.
Un po’ più complessa la vicenda dei referendum: escluso
un referendum abrogativo, perché la Costituzione vieta di sottoporre a referendum abrogativo i trattati internazionali, rimane quello consultivo. Ma come la mettiamo con il fatto che non avrebbe forza di legge? Insomma che potrebbe anche essere ignorato? Per la verità resterebbe il referendum istituzionale ma l’ultimo ed anche unico caso nella nostra storia, risale alla tanto contestata scelta tra Monarchia e Repubblica. Ed in tal caso non essendoci più  un promulgatore che all’epoca fu il Principe Umberto di Savoia, a chi lo facciamo promulgare: a Nicole Minetti?
Ed ecco allora tornare in ballo le elezioni: è chiaro che referendum o non referendum, andando a votare quei partiti che vogliono una permanenza in Europa ed il mantenimento dell’euro diremo si tanto ai loro rappresentanti quanto a questo status quo . Di contro; andando a votare i partiti che non vogliono né l’Europa comunitaria né l’euro, sceglieremmo un governo diverso ed anche un futuro diverso.
Insomma: saremo vincoli o sparpagliati?

venerdì 7 settembre 2012

Sull’orlo
di una crisi
di nervi

Riassumendo (la notizia la troverete più ampia a pag 2) il Presidente del XIII Municipio Giacomo Vizzani, ha di fatto messo alla portadell’aula Massimo Di Somma per motivi per la verità ancora non del tutto chiari, il collega Giulio Mancini de “Il Messaggero”.
Un comportamento grave ed inconcepibile da parte di un pubblico amministratore nei confronti di un giornalista, ancor più grave ed inconcepibile se si tiene conto che il giornalista in questione, come tutti gli altri, è lì per informare i suoi lettori di quanto accade.
L’ho già detto: non conosco a fondo le motivazioni di quella frase. Ma dire ad un giornalista: “la sua presenza in questa sede non è gradita, esca fuori”, sa tanto di ritorsione verso chi non si è mostrato compiacente o comunque in disaccordo. Qualsiasi cosa Giulio Mancini abbia scritto.
Per questo, pur conoscendo Vizzani da molti anni e rimanendone stupito, non possono essere d’accordo con lui.